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Natura

La natura del Parco

La Zona di Conservazione Speciale si estende per quasi 1000 ettari ed include la vetta del monte e le sue pendici.
Su di esse predomina il faggio (Fagus sylvatica) che, grazie alle caratteristiche dei suoli e del microclima, può raggiungere dimensioni notevoli. Ad altidudini meno elevate è presente una fascia a castagno (Castanea sativa), in alcune aree utilizzato per il taglio del legname, in altre per i prelibati frutti.

La foresta di faggio ha qui una suggestione forte e passeggiare tra i maestosi esemplari fa ben comprendere la caducità della condizione umana: è una delle faggete del centro Italia più caratteristiche per la longevità di numerose tra le piante, facendola assurgere a "faggeta vetusta". Ogni grande albero ospita, protegge e a volte nutre migliaia di altri organismi: artropodi (soprattutto insetti come i coleotteri xylofagi e cerambicidi), funghi, piccole piante epifite... ogni albero è una "colonia", abitata da moltissimi altri esseri.

Fauna

La popolazione animale dell'area e quella delle zone circostanti risentono dello scambio continuo di esemplari provenienti dalla vicina Umbria, grazie alla presenza di veri e propri "corridoi faunistici" che assicurano lo scambio tra le aree appenniniche.

Lupi, tassi, istrici e l'onnipresente cinghiale dominano la presenza dei grandi mammiferi. Segnalata la presenza dei caprioli. Notevole la fauna notturna, soprattutto rapaci come il gufo, l'assiolo, l'allocco e la civetta, che si giovano dei posatoi sui rami dei grandi alberi per osservare la microfauna e piombare su di essa velocemente.

I grandi massi di lava offrono rifugio e protezione dal clima rigido a tanti animali, volpi, ricci, istrici e tassi. La forte frequentazione dei luoghi da parte degli umani (e dei loro amici cani) in cerca di refrigerio, limita fortemente la presenza degli animali selvatici, soprattutto nei mesi estivi.

Flora

Sotto il fitto fogliame della faggeta, dove l'estate il sole fatica a penetrare, sono poche le piante che riescono a sopravvivere. Ma non appena un vecchio faggio cade al suolo, per l'età o per un evento atmosferico estremo, si forma una "buca": il sole tocca il suolo e nel giro di poco tempo nascono e si diffondono rovi, belladonna, ciliegi selvatici, qualche lampone.

Alla fine dell'inverno, con i primi tepori primaverili, sotto i faggi brulli esplodono i bucaneve e le primule, che annunciano la primavera.

Geologia

Il Monte Cimino è la vetta più elevata dei monti omonimi (1053 m slm).

Analogamente alle alture vicine è l'espressione di una serie di tre fasi vulcaniche che si sono succedute, tra un milione e trecentocinquantamila anni fa e novecentocinquantamila anni fa, nel cosiddetto "distretto vulcanico cimino". 
Nell'area sono presenti circa cinquanta "domi" e "cupole di ristagno", ossia alture createsi dalla risalita di magmi viscosi acidi da fratture della crosta terrestre. Oltre alla vetta del Cimino sono presenti all'interno della ZSC anche le alture di Roccaltìa (750 m), Montalto (778 m), Colle Sant'Antonio (615 m) e il monte di Vitorchiano (579 m).

La roccia caratteristica del monte è costituita principalmente da lave trachitiche (rocce magmatiche effusive a chimismo alcalino, da "trachys"= ruvido), ricca in sanidino e altri minerali, e da lave latitiche. L'ambiente di formazione fa pensare ad una serie di piccole isole vulcaniche legate a movimenti di sollevamento che porteranno alla formazione dell'Italia centrale.

La prima fase è caratterizzata da un'attività esplosiva con la nascita di domi lungo un asse di frattura orientato NE-SO. Ne fuoriescono colate piroclastiche che copriranno un'area di quasi 300 chilometri quadrati per uno spessore di centinaia di metri: è la cosiddetta "ignimbrite cimina", il celebre peperino, roccia molto utilizzata per costruire sin dal medioevo.

Nella seconda fase si assiste ancora al sollevamento di domi da fratture soprattutto nel settore orientale del monte Cimino: l'attività è inizialmente esplosiva per la presenza di acqua (idromagmatica), con depositi di ricaduta dei materiali espulsi a grande altezza dal vulcano. Si conclude con un'enorme esplosione che deposita i propri prodotti su un'area di circa 20 chilometri quadrati.

Nella terza ed ultima fase si sviluppa il vulcano centrale con l'emissione di lave fluide latitiche (rocce magmatiche effusive ricche di feldspati).