Uomo e territorio
Un territorio così vario come quello dei Colli Albani, con foreste ricche di selvaggina, prodotti spontanei del bosco, rigoglioso d'acqua con laghi ed innumerevoli sorgenti, in posizione dominante sulle future vie di comunicazione con il sud d'Italia, non poteva restare troppo a lungo disabitato. Infatti, i primi insediamenti umani stabili si possono far risalire al periodo precedente il Neolitico.
Oggi col dilagare di abitazioni, strade, centri commerciali e altre infrastrutture dalla vicina periferia romana, il residuo paesaggio naturale tutelato entro i confini del parco è sottoposto a pressioni costanti di nuova urbanizzazione. Rappresenta però uno straordinario patrimonio collettivo per la salute e la qualità della vita di residenti e visitatori, oltre che per la biodiversità animale e vegetale.
Storia del territorio
Le prime popolazioni che hanno lasciato un'impronta importante e documentabile sul territorio si stabilirono intorno all'anno 1000 a. C., quando si formò la civiltà del ferro detta "laziale" che assunse poi caratteristiche precise con la nascita e lo sviluppo della mitica città di Albalonga. Le tribù dei Volsci e degli Equi tentarono più volte di impadronirsi di questo territorio, ma alla fine il popolo dei Romani, al termine del V secolo a. C. circa, sottomise i Latini e ne annesse il territorio. L'area del Vulcano Laziale venne prescelta da parte di potenti ed illustri personaggi dell'epoca tra i quali Catone, Lucullo, Cicerone, per costruire le proprie ville con annessi giardini dove poter godere tranquillamente gli "otia" della campagna. Le alture dei Colli Albani seguirono così nel bene e nel male le sorti di Roma, adornandosi di ville teatri e sepolcri nello splendore dell'Impero, e decadendo rapidamente con la fine dello stesso.
A distanza di millecinquecento anni, la vicinanza dei Castelli Romani alla città di Roma determinò il ripetersi di un identico utilizzo del territorio da parte delle famiglie nobili romane e del papato e fu così che sulle rovine delle ville romane si ricostruirono le dimore storiche cinquecentesche.
Il nuovo tracciato della via Appia (iniziata nel 1563-1564) e l'apertura della nuova Porta S. Giovanni nelle mura di cinta della città di Roma favorirono, oltre agli scambi commerciali, anche il turismo agreste attraverso il quale venivano apprezzate le bellezze del paesaggio e la bontà dei prodotti agricoli. L'attività agricola dei Castelli Romani, pertanto, non era più da considerarsi limitata alle esigenze di rappresentanza delle ville-podere, ma assumeva via via un ruolo di vera e propria economia di mercato. L'incremento demografico della città di Roma con il conseguente aumento del fabbisogno alimentare determinò una forte richiesta di mercato dei prodotti agricoli, del legname per l'edilizia, l'arredamento, il riscaldamento e la viticoltura. Per far fronte a queste nuove esigenze di mercato, venne introdotta nel Vulcano Laziale la coltivazione dei boschi di castagno governati a ceduo con riserva di matricine. Attraverso l'introduzione di questa specie furono soppiantate gran parte delle selve originarie che attualmente sono relegate a boschi residuali o relittuali. L'attuale assetto vegetazionale del territorio dei Castelli Romani è il risultato quindi delle profonde modificazioni che, a partire dal XVI secolo, hanno determinato la trasformazione del paesaggio naturale in quello più antropizzato in cui si alternano centri urbani, coltivi ed aree boschive.