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Chiesa della SS. Trinità

    Nella seconda metà del XVIII secolo Genzano contava cinque chiese; il Duomo di Santa Maria della Cima, la chiesa dei frati minori Cappuccini, la chiesa di San Sebastiano, la chiesa dell'Oratorio della Concezione per gli Agonizzanti e la chiesa della Santissima Annunziata.

    Nessuna di queste ed in particolare la chiesa "Madre" del Duomo della Cima, poteva soddisfare le esigenze di una comunità notevolmente accresciutasi al di fuori del primitivo borgo medioevale. Si decise, quindi, di costruire una "Chiesa Nuova", come comunemente viene chiamata la SS. Trinità o San Tommaso da Villanova, dal Santo Patrono di Genzano.

    Nel 1781 iniziarono i lavori di costruzione ma, nel corso dell'anno, Pietro Camporese (1726 – 1781), architetto incaricato della stesura dei progetti, moriva lasciando la direzione del cantiere ai figli Giulio e Giuseppe (1763 – 1822).

    Quest'ultimo, tradizionalmente indicato come autore dell'intera impresa, è noto per essere stato uno degli esponenti più importanti del rinnovamento del gusto architettonico degli inizi del secolo scorso a Roma, in seguito al rifiuto del linguaggio barocco e all'affermarsi del movimento neoclassico.

    I lunghi anni di lavoro per la sua edificazione passarono alla memoria dei posteri per gli ingenti sacrifici sostenuti dalla popolazione di Genzano.

    Il 9 aprile del 1808 la chiesa veniva benedetta ed il giorno successivo aperta al culto.

    La chiesa fu consacrata soltanto nel 1808 e segnata dai pesanti sacrifici della popolazione di Genzano per la sua edificazione.

    La grande facciata richiama modelli cinquecenteschi romani, a cui si ispira per l'impianto tripartito a due ordini sovrapposti, con corpo centrale più alto e raccordato con volute a quelli laterali, ma al tempo stesso se ne distanzia per una marcata tensione per la semplificazione formale.

    L'effetto che ne risulta può sembrare freddo nella glaciale convenzionalità dello schema della facciata, ma al tempo stesso le conferisce una indubbia forza che la impone all'ambiente urbano ed al territorio circostante.

    La stessa sensibilità, votata all'essenzialità ed austerità, si riscontra all'esterno sui lati ed il retro dell'edificio, costituito da volumi semplici, aggregati come grossi blocchi monolitici, che lo stagliano sul paesaggio agricolo verso mare.

    L'interno è a croce latina coperta a volta e cupola, con cappelle ai lati comunicanti tra loro, transetto ed abside.

    Originariamente si presentava anch'esso bianco e privo di decorazioni e contribuiva, al pari della facciata, ad imprimere all'edificio un tono di astrazione formale rispetto ai caratteri del tessuto urbano circostante.

    Da notare, di particolare interesse, nella sacrestia una tela del XVII sec. dedicata a S. Vincenzo Ferrei, nell'altare del transetto destro una tela raffigurante la Madonna di Monserrato della seconda metà del XVII sec., capolavoro di Francesco Rosa (1638 – 1687, da F. Petrucci op. cit.) e quattro busti dorati del XVII sec. di S. Sebastiano, S. Tommaso da Villanova, patrono di Genzano, S. Emidio e S. Vincenzo Ferreri.

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