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2 Novembre 2021

La natura viva e in movimento

Tratto dalla pubblicazione "Dante e l'ambiente", a cura di ARPAV

Prima di salire nell’Empireo e avvicinarsi a Dio, su invito di Beatrice, Dante guarda anche in giù verso la terra e osserva da una prospettiva cosmica “questo globo/ tal, ch’io sorrisi del suo vil sembiante” (Par. XXII, 133-135). Può osservare così l’Italia “tutta da’ colli alle foci” e un pensiero d’amore gli attraversa il cuore (Par. XXII, 151-153) quando scorge “L’aiuola che ci fa tanto feroci”.

Se gli uomini non fossero belve feroci, la terra potrebbe essere una aiuola di un giardino di pace e giustizia, un mondo vero solo nelle parole dei poeti della natura, là dove Dante ci conduce per ritrovare Virgilio. Ma è anche un mondo perfettamente reale che possiamo percorrere anche noi se ci mettiamo sulle orme di Dante.

Natura inanimata
Dante ha una profonda reverenza e rispetto per la natura e lo si capisce osservando da vicino il suo rapporto con la realtà concreta dell’ambiente che lo circonda, alla quale egli si avvicina con ine-sausta meraviglia, è “un girovago poeta espatriato” che si consola scoprendo le meraviglie di cristalli in una roccia o i colori di un semplice sconosciuto fiorellino.
L’Inferno è una immensa miniera fatta di metalli e minerali ruvidi, pesanti, vili, che col loro colore oscuro fanno da sfondo al mondo dei dannati.
La speciale attenzione che Dante dedica non tanto all’alchimia come scienza in sé ma all’uso malvagio che si fa di tale scienza, può servire da esempio per illustrare il suo rapporto con ogni problema ambientale perché è sempre l’uomo l’oggetto centrale delle sue riflessioni che partono dall’osservazione della realtà letta come fosse una parola di quel “volume” nel quale Dio la rinchiude.

Natura animata
La natura viva, piante e fiori e frutti è certamente quella sulla quale Dante si sofferma di più in tutte le tre Cantiche. Piante e fiori sono osservati in relazione al loro habitat, come nella descrizione del giunco, una delle più curate nei particolari naturalistici dove è stretto il rapporto tra il “molle limo” della spiaggia e la flessibilità della pianta che si adatta piegandosi alla forza del vento.

L’osservazione naturalistica in Dante è sempre aderente alla realtà persino quando Beatrice conduce Dante nel centro della candida rosa dei beati (Par. XXX, 124-126)
Nel giallo della rosa sempiterna
Che si degrada e dilata e redole
Odor di lode al sol che sempre verna

Gli animali sono guardati da Dante con più attenzione perché si possono muovere e in questo si avvicinano agli esseri umani e si prestano a moltissimi paragoni molto spesso tradizionali.
Così la volpe è astuta, il leone coraggioso, tutto un bestiario ereditato dalla favolistica classica, dalla Bibbia, da Ovidio e Lucano che Dante sa di superare nella descrizione delle metamorfosi: infatti la natura di Dante non è quasi mai statica, l’ambiente per lui è un insieme vivo in trasformazione e movimento, come si vede soprattutto osservando gli animali. Dante sa guardare gli animali con grande originalità e gli occhi del naturalista, come quando osserva le formiche che procedono in fila, il cane che si gratta, il bue che si lecca il naso. Un punto di vista che anticipa di molto il realismo dei pittori barocchi.

L’acqua, la vita, Dio
Acqua per ogni vivente della Scala degli esseri, significa vita, e vita per Dante significa Dio
O luce eterna che sola in te sidi,
sola t’intendi, e da te intelletta
e intendente te ami e arridi!

Un Dio dell’intelligenza, che ci squaderna sotto gli occhi le meraviglie del suo creato, che noi osserviamo ogni volta con rinnovata sorpresa, stupore e ammirazione cercando di capire le regole che lo governano: di cui Dante non poteva ancora cogliere tutta la complessità, ma di cui intuiva con meraviglia quasi profetizzando la presenza e l’importanza.
E la meraviglia “desta il desiderio della ricerca e stuzzica l’appetito intellettuale, quella caratteri-stica propriamente umana di cercare di comprendere la verità per il puro piacere di conoscerla”.
Non ci sarebbe scienza se nel cuore dell’uomo non risuonasse la meraviglia per il creato e la curiosità per capirlo. Un complesso di ragione e sentimento che Dante chiama Dio e chi crede in Lui può capire forse più a fondo che cosa sia l’ambiente per Dante.
Per Dante Dio è soprattutto amore, quello che “ditta dentro”, quello che ci porta ad agire, quello che ci fa sentire vivi, quello che dà la vita, quello che si manifesta nel riso dell’universo.

L’articolo, sintetizzato e adattato alla pubblicazione sul web, è tratto dalla pubblicazione “Dante e l’ambiente”, a cura di ARPAV, disponibile gratuitamente on line e può essere letto integralmente dalla pagina 53, con il titolo “L’aiuola che ci fa tanto feroci”.

Le iniziative dedicate a Dante del Parco dei Castelli Romani fanno parte del calendario della Regione Lazio “A riveder le stelle

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