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Il Cormorano

    È un grande uccello acquatico che giunge nei laghi di Nemi e Albano in autunno dai paesi nordici dove si reca a nidificare. Il nome scientifico è: Phalacrocorax carbo.

    Nel Parco dei Castelli Romani si trattiene tutto l’inverno per poi ripartire a primavera. Presenta un corpo lungo e affusolato di colore nero. Il collo lungo ed elastico a forma di “S”, gli permette di nutrirsi di pesci inglobandoli direttamente nell’esofago. Il Cormorano raggiunge grandi dimensioni, con l’apertura alare di circa 150 cm. Il peso può arrivare fino a 5 kg e i giovani si distinguono dagli adulti per il colore del piumaggio che ha una tonalità marrone, con parti inferiori biancastre.

    Nidifica in colonie, sempre in prossimità dell’acqua, e solitamente costruisce il nido sulle coste rocciose e sugli alberi con erbe, alghe e varie sostanze vegetali per proteggere i pulcini. Si sposta solitamente in stormi di poche unità fino a centinaia di individui,  è una delle poche specie in grado di muovere gli occhi, caratteristica che lo agevola  nella caccia della grande varietà di pesci che costituiscono la base della sua alimentazione e che è in grado di catturare con veloci inseguimenti subacquei, le zampe dotate di grandi membrane, consentono una potente spinta sott’acqua, dove il Cormorano può pescare fino a una profondità di 6 metri, rimanendo anche poche decine di secondi in apnea.

    Elegante e “idrodinamico”, il Cormorano si distingue per la caratteristica posa ad ali semiaperte, che assume per asciugare al sole il piumaggio. Una peculiarità della specie è che a differenza di altri uccelli acquatici non possiede la ghiandola che produce il liquido oleoso che impedisce alle penne di bagnarsi. Per questo lo si può spesso osservare su alberi, pali emergenti dall’acqua o sulle boe del lago Albano ad ali aperte mentre si asciuga. Quando vola, presenta una tipica forma “a croce”, per le dimensioni del collo e della coda, forse per questo nei paesi nordici è considerato “sacro” o, quantomeno, di buon auspicio.  

    Le principali minacce a questa specie derivano dalla trasformazione dell'habitat di nidificazione e alimentazione e agli abbattimenti autorizzati per i danni all'itticoltura.

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