Istituita dalla Regione Lazio nel 1984, l'area protetta si estende per 1240 ettari nella parte più meridionale del viterbese nel territorio dei Comuni di Barbarano Romano e Blera. L'origine del territorio è prevalentemente vulcanica, incontrandosi qui i tufi emessi dall'antico apparato vicano con le argille e i calcari marnosi (dai geologi questa roccia è definita flysch) del comprensorio dei monti della Tolfa. Il settore più settentrionale del parco è caratterizzato da profondi valloni scavati nel tufo dal fiume Biedano e dai suoi affluenti. E' il regno della vegetazione igrofila, e comunque di piante caratteristiche dei climi umidi e freschi come nocciolo, pioppo bianco e nero, salice, ontano. Nel sottobosco abbondano l'alliaria, la chelidonia, il farfaraccio, 1'edera ma soprattutto le felci: dalla lingua cervina allo Scolopendrium, alla bella Osmunda regalis, appartengono a specie numerose e colonizzano tanto le sponde dei fossi che l'apertura delle tombe etrusche. Più a meridione si trova invece un'ampia zona collinare, che degrada verso il corso del torrente Vesca, affluente del Mignone. Qui la migliore insolazione e i calcari marnosi e argillosi sono alla base di paesaggi ben differenti, cioè ampi pascoli cespugliati utilizzati dal bestiame brado e caratteristici della campagna maremmana. S'incontrano querce come il leccio, la roverella, il cerro con un sottobosco fitto e intricato dov'è frequente la presenza di specie come l'agrifoglio, lo stracciabrache, il lentisco e, nelle radure e ai margini delle macchie, orchidee selvatiche in buona varietà.
Il popolamento animale non è più ricco come un tempo, ma rimane abbastanza diversificato. Tra i mammiferi, non è difficile rinvenire i segni di presenza dell'istrice, del tasso, dell'ormai ubiquitario cinghiale: si tratta di volta in volta di aculei, peli, feci, impronte nel terreno umido. Specie ancora più delicate e dunque utilizzate come indicatori ecologici sono anfibi quali la salamandrina dagli occhiali oppure crostacei come granchi e gamberi di fiume. Nelle zone aperte lo scenario muta radicalmente. I campi sono l'habitat ideale di passeriformi sempre più rari come la calandra, o delle più comuni allodola e cappellaccia, mentre tra i rapaci si possono osservare albanelle minori, il biancone, il nibbio reale. Cervone e testuggine comune sono tra i rettili censiti, ma è senz'altro più facile l'osservazione della volpe, oggi il mammifero predatore più diffuso del Lazio.
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