
Domani, 8 giugno è la Giornata Mondiale degli Oceani (“World Oceans Day“).
Il focus scelto per quest’anno è la prevenzione dell’inquinamento della plastica, una delle minacce più gravi per gli ecosistemi marini, con 8 milioni di tonnellate di plastica che “invadono” gli oceani ogni anno, sfuggendo, peraltro, a logiche di economia circolare.
Qui vogliamo ricordare le tartarughe marine.
Nei miti dell’antichità, il mondo si reggeva sul dorso di una tartaruga: questo animale, conosciuto per la sua longevità e per la sua resilienza, per la sua caparbietà, per la sua determinazione ha da sempre ispirato la fantasia dell’uomo, imponendosi come una metafora di saggezza. Forse che il saggio Yoda di Guerre Stellari non ricorda, con il suo viso rugoso, il suo incedere lento, la sua età indefinibile, una tartaruga? E sono proprio questi animali, oggi, a venire ad avvertirci, arenandosi in fin di vita o come povere carcasse sulle nostre spiagge, quanto sia fragile il loro (ed il nostro) mondo, surriscaldato dai cambiamenti climatici, saccheggiato dalla pesca indiscriminata, invaso dalla plastica, solcato da navi tanto veloci quanto cieche. E quando le femmine vengono a deporre le uova sulle spiagge ridotte a piccole strisce dall’erosione, invase da lettini, ombrelloni e materassini, tagliate da strade costiere o coperte da costruzioni spaventose, non riescono forse a farci comprendere quanto siamo arrivati al limite (o l’abbiamo già oltrepassato) dello sfruttamento del pianeta? Resta a noi la capacità di recepire ed interpretare gli appelli disperati che le tartarughe marine ci lanciano ogni giorno e, salvando il loro mondo, salvare il nostro.
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Acquerello di Luca Marini