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4 Settembre 2017

Foraggiamento agli animali selvatici, una pratica illegale

Il tema del foraggiamento agli animali selvatici è stato più volte affrontato dal Parco dei Castelli Romani, parlando di problematiche relative, in particolare, alla popolazione dei cinghiali nell’area protetta.

Una pratica che, per gli ungulati, oltre ad avere generalmente un effetto molto ridotto o nullo sulla loro sopravvivenza durante i mesi invernali, può avere impatti negativi per gli animali stessi. Per questa ragione di solito, all’interno delle aree naturali protette, non è realizzato alcun intervento, né di terapia né di foraggiamento artificiale, esclusi alcuni casi specifici, limitati a soggetti in grave difficoltà, che poi raramente possono essere reinseriti nel loro ambiente naturale.

La quasi totalità delle operazioni di foraggiamento artificiale, in Europa e in Nord America, sono da ricercare nel mantenimento di popolazioni ad alta densità a fini strettamente venatori, per quanto riguarda gli ungulati quindi, questa pratica è raramente usata con finalità di conservazione.

Gli animali sopravvivono ai periodi di freddo in cui il cibo è scarso, grazie all’utilizzo dapprima di depositi di grasso accumulati in estate e successivamente a quello delle proteine corporee, inoltre va specificato che i ruminanti selvatici possono morire proprio a seguito della somministrazione di alimenti altamente digeribili e poveri in fibra per l’innescarsi di fenomeni che causano uno squilibrio delle difese corporee. Il foraggiamento artificiale, per di più, aggregando gli animali nei siti di concentrazione degli alimenti, aumenta il rischio significativo di trasmissioni di malattie, che possono sfociare in situazioni epidemiche.

Fornire cibo ai cinghiali è comunque diventato reato e come tale perseguibile penalmente, come previsto dall’art. 7 comma 2, del “Collegato ambientale - Disposizioni per il contenimento della diffusione del cinghiale nelle aree protette e vulnerabili e modifiche alla legge n. 157 del 1992”, entrato  in vigore a dicembre 2016. É bene quindi, che la cittadinanza ne sia pienamente consapevole onde evitare di incorrere in spiacevoli ammende (da 516 a 2.065 euro), e nei casi più gravi nell'arresto, sanzioni previste dall’art. 30 comma 1 l,  della legge n. 157/92 - (Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio e s.m.i.).

Il Parco regionale dei Castelli Romani, in una nota inviata ai 15 Comuni dell’area il 9 settembre 2016, invitava gli stessi ad adottare provvedimenti che vietassero la pratica del foraggiamento della fauna selvatica. Ad oggi, hanno emanato ordinanze in merito i comuni di: Ariccia, Albano Laziale, Grottaferrata, Lariano, Monte Compatri e Nemi.

La pratica di dare cibo agli animali selvatici è una delle cause dell’avvicinamento di quest’ultimi alle aree urbane e ai centri abitati, senza contare poi che l’abbondanza di cibo influisce anche in maniera significativa sulle dinamiche di riproduzione della specie, provocandone un incremento. Risulta quindi di fondamentale importanza sradicare questa abitudine che aumenta l’interferenza e il conflitto tra attività umane e fauna selvatica, accrescendo il pericolo per gli animali stessi che spesso sono causa e vittime di incidenti stradali. Si sottolinea che anche il cibo o il pane, lasciato a gatti e cani randagi, può essere intercettato dai questi animali che rapidamente imparano a sfruttare ogni opportunità, è raccomandabile pertanto non lasciare a terra vicino ai bordi stradali e in prossimità di boschi a ridosso di aree abitate, cibo in eccesso.

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