Uomo e territorio
Nel territorio dell'area protetta sono numerose le testimonianze dell'azione dell'uomo sull'ambiente: antiche vie scavate nella roccia vulcanica, monumenti funerari d'età etrusca e romana, una torre di guardia, un antico abitato, acquedotti, fontane, chiese, un convento, una dimora fortificata trasformata in residenza di prestigio e altro, spesso seminascosto dalla vegetazione.
Storia del territorio
Le prime testimonianze certe della presenza umana provengono dall'altura di Monterano: si tratta di frammenti ceramici dell'età del Bronzo e il loro rinvenimento fa ipotizzare che circa 4000 anni fa, al posto delle celebri rovine, ci fosse un abitato di capanne, analogamente a molti luoghi simili della Tuscia. Numerosi nuclei di necropoli sparsi nell'area (Vincolo, Bandita, Poggio della Vena, Ara del Tufo, Franco, Pignano, Grottini) suggeriscono l'esistenza di una serie di abitati etruschi ad economia agricola facenti forse capo ad un centro principale ancora non identificato. Numerose le tombe monumentali: tra queste il Grottino della Bandita, la Grotta di Tabacco, la Tomba della Giuliana, ed alcune camere sepolcrali in loc. Franco. Se si eccettuano alcune strutture funerarie con epigrafi, l'età romana non ha lasciato grandi tracce nell'area protetta: il periodo caratterizzato dallo spopolamento del territorio e dalla diffusione del latifondo, fa registrare alcuni insediamenti rurali in loc. Bandita e Monte Angiano. Le presenze di rilievo sono presso i confini della riserva in loc. Santiori e soprattutto Stigliano dove sin dal periodo etrusco esisteva un'area sacra con acque terapeutiche e dove i Romani avrebbero poi realizzato alcuni edifici termali collegati da un diverticolo stradale all'importante via Clodia. Nel periodo altomedievale sull'altura di Monterano è forse vissuta una piccola comunità: lo testimoniano alcune tombe ad arcosolio e a "logette". Con i primi secoli del II millennio il territorio riprende a vivere: a Monterano è realizzata una torre di guardia alla quale verrà poi annessa una dimora fortificata di cui ne diventa il mastio. Diverse famiglie si succederanno nel possedimento del feudo tra cui i Cybo, gli Anguillara, gli Orsini e, per ultimi, gli Altieri. Con essi, e con il pontefice Clemente X loro parente, Monterano torna a nuovo splendore. Protagonista del rinnovamento urbanistico ed artistico è Gian Lorenzo Bernini, incaricato da papa Altieri della realizzazione della nuova veste del palazzo (loggiato, fontana del leone) e della progettazione del convento di San Bonaventura. La nuova città monteranese ed il suo territorio, famoso per i prodotti agricoli e per il vino alicante, vivono in prosperità per quasi un secolo. Di nuovo l'abbandono progressivo, all'inizio causato dalla distanza dai centri più importanti e dai tracciati viari, poi acuito dalla malaria, infine reso definitivo da una rappresaglia delle truppe francesi nel 1799. Il loro saccheggio e, forse, il cannoneggiamento delle abitazioni, sanciscono l'abbandono del piccolo abitato che diverrà presto una "cava" ove recuperare materiale necessario alla ricostruzione delle abitazioni in una località vicina, l'odierna Canale Monterano.
L'abitato diruto sta oggi tornando alla luce grazie all'opera del Comune di Canale Monterano e della riserva naturale che, con il contributo di fondi comunitari e regionali, stanno restituendo alla memoria locale ed ai cittadini d'Europa un bene che appartiene loro.