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Il Lupo

Canis lupus e Canis lupus italicus

    Il lupo grigio, nome scientifico: Canis lupus, detto anche lupo comune o semplicemente lupo, è un canide. È il più grande della sua famiglia, con un peso medio di 43-45 kg per i maschi, e 36-38,5 kg per le femmine. Il suo mantello invernale è lungo e folto, di colore prevalentemente grigio variegato. Alcuni esemplari presentano anche mantelli bianchi, rossi, bruni o neri.

    È la specie più specializzata dei Canis: lo dimostrano l'adattamento alla caccia grossa, la sua natura gregaria e il suo linguaggio del corpo avanzato. Si muove di solito in coppia o in famiglia, ciascun esemplare mette il piede nell’orma di chi lo precede, soprattutto nella neve. Si ciba prevalentemente di ungulati di grossa taglia, ma anche di animali più piccoli, bestiame, carogne e spazzatura.

    Ma quanti lupi ci sono in Italia? Secondo le stime più recenti complessivamente in Italia ci sono oltre 2.000 lupi. Grazie a specifici progetti di monitoraggio, sappiamo che sulle Alpi nel 2017-2018 c’erano circa 300 lupi (fonte Life WolfAlps) e questa stima è molto accurata. Quel che è certo è che la popolazione italiana di lupo, ridotta a pochissime decine di individui negli anni Settanta, attualmente è molto più grande, perché è cresciuta numericamente in modo spontaneo e ha occupato nuove aree, da nord a sud. Oggi il lupo nel Lazio è presente non solo nell’Appennino ma anche nella Tuscia, sui Lepini, sugli Aurunci, addirittura ai Castelli e nella Campagna Romana a nord e a ovest di Roma. Non possiamo però stare tranquilli: nuove e antiche minacce rendono il lupo ancora molto vulnerabile.

    Prima minaccia: i bocconi avvelenati. Fino al 1971 era lo Stato stesso che distribuiva stricnina e cianuro per uccidere i cosiddetti “nocivi” (lupo, aquila reale e altri predatori); poi l’uso del veleno è stato vietato, ma il divieto è stato ed è tuttora aggirato da persone senza scrupoli che fanno strage di carnivori usando veleni anticoagulanti liberamente in commercio: l’avvelenamento di lupi, orsi, volpi, rapaci ecc. è un atto barbaro e ingiustificabile, oltre che illegale.

    A questo si somma il problema dei cani liberamente vaganti sul territorio, forse un milione o più, non si sa. Un numero così alto di cani randagi senza controllo ha un effetto deleterio sul lupo per due motivi: il primo è l’entità dei danni da predazione sul bestiame provocati dai cani e imputati al lupo; il secondo è l’incrocio tra lupo e cane con la generazione di ibridi fertili (lupo e cane appartengono alla stessa specie). E questa è la seconda minaccia alla conservazione del lupo, seconda non certo per gravità, anzi: l’ibridazione, nota fin dai primi anni Ottanta ma purtroppo studiata solo da pochissimi anni, sta causando la perdita dell’identità genetica del lupo. Ma c’è di più: il lupo in Italia è geneticamente diverso dal lupo della penisola iberica, dei Balcani, del nord Europa, tanto da essere classificato come sottospecie di Canis lupus, appunto Canis lupus italicus: per l’ibridazione con il cane stiamo perdendo questa unicità.

    C’è poi la minaccia del rifiuto di coesistere con il lupo, molto grave laddove l’allevamento deve fare i conti con il predatore dopo quasi un secolo di sua assenza; in realtà la coesistenza è possibile facendo una “sana” prevenzione degli attacchi, per esempio con idonei strumenti di difesa (custode, recinzioni, cani da guardianìa correttamente addestrati); inoltre le istituzioni a cui spetta la tutela del lupo (Enti parco e Regioni) finanziano questi strumenti per aiutare gli allevatori a proteggere il bestiame e sostenere l’allevamento, attività cruciale per la nostra economia.

    Ma alla fin fine perché conservare il lupo? Perché lo dicono le leggi? Sì, ma non solo. L’accresciuta sensibilità collettiva fa percepire la presenza del lupo in senso positivo: lo dobbiamo tutelare per il suo ruolo di predatore nelle reti alimentari degli ecosistemi e perché frutto di uno straordinario processo evolutivo, ma anche perché parte integrante della nostra storia, della nostra immaginazione, dei nostri luoghi fisici e metafisici. Senza il lupo la storia di Roma, dell’Italia e dell’Europa sarebbe certamente più povera.

    CURIOSITÀ
    Il lupo è l’unico progenitore selvatico di tutte le 400 e più razze canine ad oggi riconosciute. In un lungo processo di domesticazione, iniziato tra 15.000 e 12.000 anni fa (ma secondo alcuni studiosi addirittura fra 36.000 e 31.000 anni fa, cioè ben prima del Neolitico), l’uomo è arrivato alla grande plasticità di forme, attitudine e comportamento che contraddistinguono i nostri cani. Per millenni l’immaginario collettivo ha distinto gli animali fra “amici e nemici”, “utili e inutili”, “buoni e cattivi” o ancora “da tenere o da eliminare”. Si può immaginare dove sia finito il lupo…

    Ma non dimentichiamo che il rapporto uomo-lupo è storicamente caratterizzato da una notevole ambivalenza. Si passa infatti da culture che lo considerarono un nume protettore e un grande maestro di caccia (pensiamo a quando l’uomo decise che lupi ben addestrati potevano essere d’aiuto nella ricerca e nella cattura della preda) a culture in cui si sviluppò un vero e proprio processo di identificazione del lupo col male e una conseguente demonizzazione. I postumi di queste credenze, purtroppo, durano in parte ancora adesso.

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