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Uomo e territorioTradizione e folklore

La castanicoltura prenestina

    La castanicoltura è stata per secoli il fulcro della vita quotidiana della popolazione capranicense. Se la castagna ha rappresentato l’alimento principale, anche se povero, per il sostentamento della popolazione, successivamente è diventata una risorsa economica per lo sviluppo della montagna. Tali occasioni produttive ed economiche si riferiscono non solo alla nascita di un mercato di nicchia in grado di esaltare la qualità e la salubrità dei suoi frutti, ma soprattutto allo sviluppo di una cultura che, in questa ricchezza paesaggistica ed ambientale, riconosce la testimonianza di valori dell’antica tradizione degli abitati di questi luoghi.

    La frequentazione quotidiana del castagneto, nei periodi di raccolta, avveniva partendo a piedi direttamente dal centro abitato e percorrendo sentieri battuti, i cui tracciati sono ancora oggi riscontrabili facilmente per la vetustà del tratturo o, in qualche caso, per gli adattamenti costruttivi nei secoli operati nel tempo (battuti pavimentali, muretti di contenimento, sostruzioni). Ciò costituisce di per sé elemento di attrazione e di connessione alla storia e tradizione locale e testimonianza dello stretto connubio antropologico che intercorre in questa area tra l’uomo e lo spazio rurale.

    Per decenni, lungo questi sentieri hanno risuonato le voci degli abitanti di Capranica che ritornavano dal lavoro. Percorrendo i sentieri si possono ancora osservare veri e propri scalini, squadrati ed inseriti lungo il percorso a facilitarne il cammino, alla manutenzione dei quali provvedevano anche i pastori con l’acquisto dopo la raccolta delle castagne, dell’erba per i propri greggi direttamente dai proprietari dei lotti (le “particelle”) del castagneto. Il ciuccio, o somaro, era l’animale più impiegato per trasportare la “soma”, cioè il carico, che poteva essere la legna o le castagne raccolte.

    Lungo queste “antiche vie”, perfettamente integrate nell’ambiente circostante, si possono osservare ancora oggi le “casette”, i vecchi essiccatoi che venivano un tempo impiegati per la lavorazione della castagna, la tradizionale “mosciarella”, costruzioni suggestive che aiutano a comprendere le fasi di elaborazione del prodotto finito. Questi luoghi, deputati alla trasformazione della castagna da fresca a essiccata (mosciarella), sono la perfetta integrazione tra uomo e ambiente, testimonianza antropologica e storica delle attività castanicole tradizionali compatibili con la conservazione del paesaggio. Oggi, questi 36 essiccatoi sono una meta escursionistica affascinante, avvolta dalla vegetazione e da castagneti secolari, simbolo di una tradizione a rischio.

    Passeggiare in questi luoghi vuol dire essere circondati da castagni vetusti, con dimensioni al fusto a volte superiori ai 6 m di circonferenza, che rappresentano di per sé un micro ambiente complesso, in grado di ospitare diverse tipologie di funghi, muschi, licheni e micro e macro fauna. Tali alberi monumentali, mai o solo parzialmente sottoposti ad opere di potatura, sono cresciuti in forma libera e rappresentano di per sé veri e propri monumenti naturali.

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