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26 Maggio 2016

L’inversione termica nelle forre

Fredde verso il basso, calde verso l’alto

 

La morfologia delle forre, le strette e profonde incisioni scavate dall’acqua, che tagliano i pianori del Treja, è all’origine di un particolare fenomeno atmosferico che rende questi ambienti importanti e preziosi: l’inversione termica.

“In queste gole si osserva un andamento termico verticale invertito rispetto alla norma, con la temperatura dell’aria che aumenta salendo di quota anziché diminuire – osserva Valeria Gargini, naturalista del Parco –. Le pareti delle forre, così strette e ripide, ostacolano la diffusione della radiazione solare – aggiunge – che arriva il fondo in quantità ridotta, determinando così, scendendo verso il fondovalle, un progressivo aumento dell’ombreggiamento, accompagnato da una diminuzione della temperatura.”

Il risultato è la creazione all’interno di questi valloni di un microclima particolare, sensibilmente più fresco e umido rispetto ai pianori esterni. A testimoniare in maniera visibile questa differenza è la composizione della vegetazione, man mano che si scende nella forra le specie diffuse all’esterno sono sostituite da altre più adatte alle particolari condizioni climatiche. Semplificando, calarsi in queste strette incisioni, profonde poco più di cento metri, corrisponde, come vegetazione incontrata, a risalire il versante di una montagna, dal livello del mare sino a 900 metri e oltre. La sequenza è però invertita, con la vegetazione mediterranea nella parte alta delle pareti e la foresta montana sul fondo. In alcune forre del Lazio sopravvivono esemplari di faggio all’eccezionale quota di 200 metri, quando, nella nostra regione, è normale trovare questa specie al di sopra dei 900-1000 metri. Indipendentemente dalla presenza del faggio, i boschi all’interno dei valloni ospitano diverse specie proprie della faggeta appenninica che conferiscono a queste formazioni un grande interesse fitogeografico.

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