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Castro-Farnese

    Le rovine della città, distrutta nel 1649 e da taluni definita la Pompei dell'Alto Lazio, si trovano lungo la riva destra del Fiume Olpeta su un ampio pianoro delimitato dalle forre dell'Olpeta e del fosso della Filonica. Pochi ruderi avvolti dalla vegetazione sono quel che resta di un centro che nel Cinquecento, per volontà di Papa Paolo III Farnese, divenne capitale di un ducato e si abbellì di chiese, palazzi e mura cui lavorarono artisti del calibro di Antonio da Sangallo il Giovane. Scavi in corso stanno riportando alla luce alcuni edifici. L'accesso consigliato alle rovine è dal versante opposto, quello nord (strada Ponte S.Pietro-Farnese).

    Per andare a scoprire quel che rimane di un'antica capitale dell'Alto Lazio occorrono fantasia e un pizzico d'avventura. Dallo spiazzo dove termina la strada che viene dalla Farnese-Ponte San Pietro, un sentiero segnato risale sulla destra la collina fino ai ruderi, sparsi nel sottobosco di una bella cerreta. Frammenti di decorazioni, parti di capitelli, la pavimentazione in cotto a lisca di pesce che emerge sotto il terreno e le foglie in quella che era la centrale piazza della Zecca raccontano, con molta immaginazione, l'intensa vita sociale e culturale che pulsava qui quattro secoli fa. Un passato oggi quasi insospettabile, camminando nel bosco tra i ciclamini e i pungitopo mentre i picchi s'inviano l'un l'altro i loro tambureggianti richiami territoriali. Con un po' di tempo a disposizione, la visita a Castro va completata raggiungendo il corso dell'Olpeta sul fondovalle: dal parcheggio si prosegue a piedi lungo la stradina fattasi sterrata fino alla tomba della Biga, dove negli anni Sessanta del secolo scorso fu trovata da archeologi belgi la famosa biga con a fianco gli scheletri di due cavalli attualmente esposta al Museo nazionale etrusco di Viterbo. Per la discesa a destra si raggiungono le sponde dell'Olpeta, che si guada con attenzione (necessari gli stivali solo in periodi di piogge intense) per raggiungere poco più avanti l'imbocco della suggestiva via cava. Si tratta di una tagliata, strada letteralmente scavata nel tufo a scopo difensivo. Nel Lazio etrusco ve ne sono diverse e anche questa, pur dalle modeste dimensioni – ottanta metri di lunghezza e venti di altezza delle pareti di roccia – non delude quanto a fascino e atmosfera del luogo. Secondo alcuni autori qui transitava la via Clodia, storica via di comunicazione tra la Cassia e l'Aurelia, il cui tracciato a nord di Tuscania non è stato ancora univocamente delineato dagli studiosi.

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